"La Buona-scuola" è il programma istituzionale di intervento educativo rivolto a tutti i settori dell'Istruzione in Italia firmato dal governo Renzi con la collaborazione dell'allora ministro dell'Istruzione Giannini, divenuta legge il 13 luglio 2015. Secondo l'idea renziana, la riforma dovrebbe rivoluzionare il mondo dell'istruzione eliminando il problema del precariato, fornendo ai docenti una preparazione all'avanguardia e compatibile con le nuove esigenze educative e dando a dirigenti e docenti gli strumenti finanziari e operativi per il miglioramento dell'istruzione. Ma quali cambiamenti ha apportato realmente la "Buona Scuola" all'Istruzione? Cos'è oggi la scuola? Anzi potremmo ambiziosamente chiederci: DI CHI È oggi la scuola? La legge 107 della Buona Scuola, emanata dal ministro dell'Istruzione, Fedeli, un ministro senza laurea e diploma di maturità (alla faccia dei tanti laureati-dottorati- da 110 e lode che non trovano alcun posto di lavoro pronti ad accontentarsi di tirocini e contratti precari, sottopagati. Sarà questo il futuro occupazionale auspicato da Renzi?), ha vietato per legge la bocciatura alle scuole elementari e medie. Dato che l'Italia (fonti de La Repubblica) è una delle nazioni europee con la dispersione scolastica più alta, si è deciso che alle elementari e medie si potrà bocciare solo in caso di abbandono dell'anno scolastico o per le troppe assenze. Una situazione, tuttavia, che riguarda una fascia marginale di alunni: tre su mille in prima elementare e uno su mille nelle altre quattro classi della primaria. In pratica, non si potrà bocciare per il profitto. Dunque basterà avere semplicemente la media del 6 per essere promossi. Quando Gelmini, sotto la presidenza Berlusconi, decise di distruggere la scuola, tutti scesero nelle piazze a manifestare, adesso che il governo Renzi-Gentiloni ha imposto alle scuole questo ennesimo oltraggio morale tutto tace: scarsissime discussioni sul tema in televisione, scarsissimo o quasi assente interesse dei sindacati sui decreti della "Buona-scuola", pochi docenti in grado di esporsi sulla tematica e quasi nullo interesse delle famiglie italiane nei con fronti di queste manovre. Eppure in ballo c'è il futu-ro dei più giovani. Se prima la minaccia di bocciatura consentiva ai ragazzi comunque di impegnarsi e di sforzarsi per ottenere un risultato accettabile, adesso il decreto renziano ha sancito nero su bianco il fallimento di questa società: studiare o non studiare fa ottenere lo stesso risultato, ovvero la promozione gratuita e scontata per tutti. Con questa legge viene meno proprio il concetto di educazione basato sul continuo apprendimento e miglioramento delle proprie capacità. Perché impegnarsi, migliorare, quando si può ottenere lo stesso risultato con il minimo sforzo? Ma è davvero questo l'insegnamento che vogliamo dare ai nostri ragazzi? A quale modello educativo stiamo puntando? Forse questo governo ha dimenticato di avere a che fare con bambini e ragazzi che hanno diritto ad una VERA Istruzione, che dovrebbero sviluppare proprio sui banchi di scuola i processi di pensiero essenziali per essere cittadini critici e consapevoli. E come si può raggiungere questo obiettivo se non studiando e impegnandosi? Se non è permesso bocciare, allora non serve più essere bravi o eccellere in qualcosa in quanto, con la volontà di rendere tutti per forza uguali, si è livellata ogni forma di alterità e di creatività. Essere rimandati, sbagliare un compito, prendere un brutto voto sono anche delle opportunità: opportunità per capire che si può fare di più, che un piccolo sforzo può migliorare la condotta. Ma devono essere per prima gli adulti a prendere consapevolezza di ciò. In conclusione, il decreto dichiara che non ha più importanza studiare perché l'impegno e il mancato impegno portano allo stesso risultato. Ma è davvero giusto questo? Perché non spronare chi ha davvero voglia di imparare, invece di penalizzarlo? Se abituiamo questi ragazzi a fare ciò che è più facile o comodo, come potremmo prendere da loro la capacità di risolvere i problemi che la vita li porrà davanti? Probabilmente bisognerebbe potenziare i programmi ministeriali e tornare a studiare piuttosto che puntare sull'apprendimento facile a sforzo zero, come vorrebbe fare la "Buona Scuola". - daria margherita capece - |
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Maggio 2020
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