Come recita un vecchio detto: paga il giusto per il peccatore.
Neanche 4 giorni fa, il 7 maggio 2020, il Pupi Bar riapre dopo 2 mesi di chiusura forzata, a causa dell’emergenza sanitaria in atto su tutto il territorio nazionale. Ma oggi, 11 maggio, il Pupi Bar è costretto di nuovo a chiudere, come apprendiamo dalla loro pagina Facebook, “per incompatibilità con attuali norme oggi in vigore”. Una decisione che ha sorpreso molti. Nonostante le misura di contenimento prese, ovvero la possibilità di consumare bevande e cibo unicamente da asporto e consegnate attraverso un’apertura dalla vetrata, seppure il barista indossi tutti i dispositivi di sicurezza (guanti e mascherina) e sul bancone (ricavato dall’apertura della vetrata) vi fosse presente il gel disinfettante, ne viene disposta la (ri)chiusura immediata. Insomma chiunque sia andato in quei soli 3 giorni di apertura ha notato come siano state messe in atto tutte le misure necessarie a limitare il contagio e la diffusione del Covid-19. Norme che sono state osservate ed attuate da tutte le attività che hanno ripreso lo svolgimento dei propri servizi. Si è sicuramente pensato che l’attività rappresenti un rischio in quanto mezzo per la creazione di assembramenti all’esterno. Però la responsabilità del verificarsi di tali situazioni non è attribuibile né al bar né a chi ci lavora. Il DCPM pubblicato il 4 maggio prevede la riapertura, tra le tante attività, dei bar. Questi ultimi possono esercitare la propria professione purché garantiscano le norme igienico sanitarie previste dal decreto, ma tra queste non viene mai citato l’obbligo di vigilare su possibili assembramenti che si creano all’esterno, in quanto tale mansione è delegata alle forze dell’ordine. Resta allora lecito domandarsi perché, nonostante il bar garantisse in modo efficiente il rispetto delle norme igienico-sanitarie, ne è stata imposta la chiusura. Se il rischio maggiore fosse quello degli assembramenti all’esterno, sarebbe davvero la (ri)chiusura dell’attività la soluzione migliore? Noi ci interroghiamo su questi aspetti e intanto ci uniamo ai baristi che hanno voglia di lavorare ma vengono fermati. Probabilmente è più facile porre la chiusura di un’attività commerciale piuttosto che garantire il normale svolgimento delle attività di controllo e prevenzione sul territorio da parte delle forze dell’ordine. Chissà. - Nicola Laurino - |
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Maggio 2020
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